UN METRO, FORSE DUE.

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Esco di casa ( poco ) e mi guardò intorno in una realtà a tratti surreale che non riconosco in nessuno dei ricordi che popolano la mia mente . Poca gente in giro , la scuola chiusa a marzo come fosse luglio ma senza quell’ allegria di bambini in vacanza e tende abbassate per il sole . Una situazione strana , la parola stranezza forse è ciò che meglio riesce a descrivere lo stato delle cose . Ma in tutta questa stranezza la cosa che maggiormente mi sconvolge è la distanza
. La distanza che ci viene imposta come una nuova regola di vita , per salvarsela la vita .
Un metro , forse due .
Una distanza per salvarci , per metterci in guardia dagli altri .
È così alla cassa del supermercato fai due passi indietro , sul treno scegli un sedile appartato , al bar fai qualche passo in la’ al bancone mentre prendi il caffè.
E ancora , la diffidenza .
Chi è il tuo vicino dal panettiere ? Se le sarà lavate le mani , avrà la moglie con la febbre a casa e non lo dice ? Perché quello lì fino a ieri lo conoscevi , ma ora ?
E poi i baci e gli abbracci . Quelli sono banditi .
Ma come ? Proprio adesso ?
Proprio adesso che ne ho così tanto bisogno .
Proprio adesso che avevo imparato a chiudere gli occhi e lasciarmi abbracciare .
Tutto questo mi suona come una punizione , come se qualcuno avesse deciso di punirci per il nostro umano desiderio di vicinanza , di prossimità e di condivisione .
O forse no .
Forse qualcuno ha voluto togliercela per costringerci ad apprezzarne il valore .
Perché funzioniamo così : per capire Il valore di qualcosa a volte dobbiamo perderla .
Poi forse quel valore lo ritroveremo , chissà … a un metro , forse due … da noi .
Oppure no . E allora la vita se la salvera’ davvero chi lo conserva dentro di se’ , dove nessun virus lo potrà mai minacciare .

 

Maestra Elena

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